PICCOLA AVVERTENZA


UNA PICCOLA avvertenza. Spero che questo articolo sia preso esclusivamente per quello che è e vuole essere: uno sfottò da derby.Nulla di più. Io sarò felice di leggerne uno simile ma di segno contrario qui a fianco. Perché il derby, prima e dopo, è anche derby di parole. Ed è fatto per gente spiritosa. Se non siete spiritosi, non siete tifosi da derby. In tal caso, per favore, non leggetemi. Dunque, riecco di fronte a noi la squadra della delegazione, quella che mio nipote chiama il Chievo di Genova. Rieccola con la sua inconfondibile tenuta ciclistica. Che, giustamente, prevede anche una maglia gialla assegnata al numero 1, come si usa, appunto, al Tour de France. Occhio e croce, non mi sembra sia cambiato nulla. Noi, ieri, oggi e domani, siamo di più. Ma, soprattutto, ci siamo sempre, ovunque e comunque. E loro... Loro, nel confronto, non possono fare a meno di scoprirsi, sistematicamente, meno (meno storia, meno scudetti, meno fascino). Tutto immutabile. Vedo, tra l'altro, che non è cambiato nemmeno lo sponsor. E' sempre quello in forma di acronimo (ERG, Erroneamente ritenuti genovesi, secondo taluni).Unica possibile novità: il loro presidente vuole riportarli, coerentemente, là da dove vengono. Vuole costruire in delegazione uno stadio tutto per loro, provvisto anche, a quanto pare, coerentemente, di una pista ciclistica tipo il vecchio Carlini. Con, tutt'attorno, coerentemente, chilometri di piste ciclabili.Della serie: palle lunghe e pedalare… Fa piacere, comunque, ritrovarseli in campo. Mentre fa specie che questo derby sia catalogato per noi come trasferta: in trasferta, semmai, ci sono loro, dalla Sciorba o da Sampierdarena chisseneimporta. Ma diamogli, tuttavia, il benvenuto nel nostro tempio, dove abbiamo scritto pagine tragiche e gioiose di una storia che, nel bene e nel male, non ha eguali. Saremo, infatti, lieti di mostrare, una volta di più, il grande, inimitabile spettacolo del tifo italiano, quello che si replica all'infinito sul palcoscenico della Gradinata Nord. Dove, di padre in figlio, vengono tramandati ricordi e passioni per noi indelebili e per loro, naturalmente, incomprensibili. Scrivo naturalmente perché se non hai avuto la fortuna di nascere genoano, non puoi capire. No, non saprai mai quale privilegio ti sia stato negato. Viceversa, avrai per tutta la vita la sensazione che nulla, davvero nulla, possa cancellare quel complesso di inferiorità che nessuno di loro, ovviamente, è pronto ad ammettere in pubblico. Ma che si manifesta in mille modi, dai discorsi nei bar alla campagna acquisti(pardon, prestiti) in società. Le luci di Marassi saranno accese, come quella volta del Gol. Sì, scrivo Gol con la G maiuscola. Perché parlo del Gol per antonomasia, il Gol di Claudio Branco, l'eterno incubo di ogni ciclista, la più bella cartolina di auguri natalizi mai stampata nella città di Genova, la più brutta mai ricevuta in delegazione. Saremo in notturna e mentre loro si sentiranno un po' alla Sei giorni noi ricorderemo la nostra vittoria all'Anfield Road e la loro sconfitta a Wembley, con quell'altra formidabile cartolina in cui si vede l'attuale (simpaticissimo, no?) allenatore dell'Inter che esce a testa bassa, piangendo. Non c'è storia, appunto, tra loro e noi. Ma, ripeto, fa piacere trovarseli nuovamente di fronte.Perché, in fondo, diciamolo, ci sono mancati. Ci è mancato il piacere di guardarsi infaccia, Gradinata a gradinata (una è con la Gmaiuscola, l'altra no), e misurare l'incolmabile differenza. Di qua, alle nostre spalle, i monti, il mio amato Righi, la rocciosa certezza che nasce nel guardare il panorama dall'alto e pensare che la Superba sarà sempre tale, nei secoli dei secoli. Di là, alle loro spalle, il mare. Dove, come canta un grande, immortale genoano, Fabrizio De André, “adesso veleggia la rumenta”.Appunto… MASSIMODONELLI è direttore di Canale 5

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