KUBLER ROSS


Leggendo il libro della Kubler Ross"La morte e il morire"mi viene una domanda,nei nostri ospedali riusciamo ad essere realmente vicino ai pazienti,specialmente quelli con gravi patologie?Riusciamo ad ascoltarli,imparare da loro?Nella mia piccola esperienza posso dire che noi operatori sanitari svolgiamo un ruolo,una professione molto delicata,profonda spiritualmente ma non riusciamo a volte ad afferrarne l'ampiezza,poichè interragiamo con loro in condizioni critiche,vuoi per il luogo di lavoro,vuoi per l'organizzazione ,vuoi per la carenza di risorse umane e non,vuoi per il senso di solitudine ed impotenza,già... interragiamo il più delle volte attraverso le nostre esperienze personali perchè siamo , questa è una forte sensazione,"lasciati soli"a gestire il paziente nella sua globalità e non solo, come puro numero o patologia,i familiari con le loro ansie,paure,ire...esiste nelle nostre strutture una dimensione umana?Posso vedere ogni giorno in mezzo all'andirivieni caotico delle corsie gli sguardi dei pazienti e davvero sarebbe bello avere un pò di tempo per chiaccherare tranquillamente,perchè secondo me molti di loro vorrebbero farlo ed allora ecco che un mio gesto ,sorriso,carezza diventa tanto per loro...

2 commenti:

Leleito ha detto...

Ti ho trovatoooo!! :-)) Ciao, Gabriele.

Odeline ha detto...

Lo so che può sembrare strano, ma io confido sulla nostra Sanità, e anche se non sempbra..siamo i secondi al moldo per l'assistenza sanitaria. Certo si può sempre migliorare,, ma io sono fiduciosa per quello che bbiamo già!

A presto ;)